Scuola: c’è chi vorrebbe rimettere in questione l’educazione mista [IT] [2003]

È stata una conquista degli anni ’70 la scuola mista, la cosiddetta mixité, che apriva le stesse scuole a ragazzi e ragazze. Oggi in Francia, ma non solo, si parla di abolirla [Dimensioni, dicembre 2003]

È polemica in Francia su un libro del sociologo Michel Fize, che denuncia gli effetti negativi della cosiddetta mixité e ripropone le classi separate.

È stata una conquista degli anni ’70 la scuola mista, la cosiddetta mixité, che apriva le stesse scuole a ragazzi e ragazze. Oggi in Francia, ma non solo, si parla di abolirla. Non è chiaro se la proposta nasca da un reale intento pedagogico o se invece non sia una crociata di vecchio stampo, che suona particolarmente pericolosa nel momento in cui gl’integralisti musulmani rivendicano la stessa cosa. È chiaro che fino a ieri la questione sarebbe apparsa assurda, tanto la mixité sembrava una conquista pacifica. Oggi invece gli esperti dell’educazione vengono chiamati a una riflessione tutto sommato imbarazzante. La domanda provocatoria è questa: e se l’educazione mista non fosse così positiva come si pensava? «Negli Stati Uniti, dove la coeducazione è nata, e dove la diversità è di casa», ricorda Claire Chartier sull’Express, «l’educazione mista nelle scuole pubbliche non è più obbligatoria dal febbraio 2000. Così ha deciso il puritano Bush, con la benedizione della femminista Hillary Clinton. In Gran Bretagna, in Svezia, in Finlandia e perfino in Germania, ragazzi e ragazze si separano nelle materie scientifiche, dove le ragazze sono minoranza. In Francia sono le scuole cattoliche che per prime hanno superato il tabù della mixité, che è iniziata la discussione sulla validità e i limiti dell’educazione mista».


La mixité non è intangibile

Finora la mixité non è mai veramente stata messa in discussione. Come dicevamo, prende adesso avvio a seguito della pubblicazione del libro Les Pièges de la mixité scolaire (Le Trappole della scuola mista, Presses de la Renaissance), scritto dal sociologo Michel Fize. Quarant’anni dopo la generazione della mixité, questo ricercatore della Cnrs (Centre national de la recherche scientifique), apprezzato per il suo impegno a favore dei giovani, traccia un triste bilancio: «La mixité a scuola - scrive - non assicura né la parità dei sessi, né la parità delle chance». E sono i due obiettivi che si pensava appunto di raggiungere con l’educazione mista. Per questo Fize è del parere che almeno a livello di esperimento si dovrebbero riaprire scuole non miste. Dice: «Hanno voluto convincerci che la mixité a scuola è naturale, perché la società è naturalmente mista. E che la mixité è democratica per se stessa. Ma i fatti dimostrano spesso il contrario. Non riempiamoci la bocca di belle parole. La mixité non è un principio intangibile. È utile se risponde ai due obiettivi di fondo della nostra società: l’uguaglianza delle chance e la trasmissione dei valori della cittadinanza, fondati sul rispetto e la tolleranza». Ma questi due obiettivi hanno costretto gli educatori a riflettere: da una parte sono in crescita le aggressioni sessuali contro gli adolescenti all’interno della scuola; dall’altra è sempre più evidente lo scacco negativo da parte dei maschi. Le cifre pubblicate di recente danno l’idea della degradazione del clima tra gli allievi dei due sessi: l’Ile-de-France nel 2000 ha avuto 4.000 richieste di aiuto per aggressione sessuale nell’ambito scolastico. Inoltre, a scuola, malgrado l’evidente superiorità scolastica delle ragazze, gli insegnanti riproducono semplicemente il cliché sessista più diffuso, favorendo inconsciamente i ragazzi. Sembra appurato che davanti a due lavori uguali, entrambi ben riusciti, viene valutato meglio quello eseguito da un maschio. Così alle ragazze si chiede più sovente di «recitare a memoria», mentre ai maschi volentieri ci si rivolge per conoscere il loro parere su una data questione. Questo si verifica addirittura nella distribuzione degli incarichi e nella stessa sistemazione dei posti in classe, dove i maschi occupano di preferenza i posti al fondo. Insomma tutto sembra organizzato per creare un complesso d’inferiorità nelle ragazze.

Afferma ancora Michel Fize: «Nelle scuole dei paesi anglosassoni in cui le classi non sono miste, le ragazze riescono molto meglio degli altri. E questo prova che la separazione dà risultati. Una cosa è sicura: i maschi fanno fatica ad adattarsi alla disciplina scolastica e all’autorità, essi sentono più violentemente delle ragazze lo choc tra l’esperienza adolescenziale e l’ambiente scolastico».

Secondo Michel Fize è assurdo in particolare che i corsi di educazione sessuale siano misti. La maggior parte degli insegnanti sanno bene che i ragazzi - maschi o femmine - hanno difficoltà a parlare di problemi intimi davanti all’altro sesso. Anche nello sport, una ragazza non potrà mai tirar fuori tutte le sue potenzialità in una classe mista, e oltretutto spesso viene costretta a praticare uno sport in maniera maschile e aggressiva.

Umberto De Vanna

 

 

IN FRANCIA CI SI DIVIDE

Marie Duru-Bellat, sociologa: «Io non sarei contro a un insegnamento separato, ma a condizione che sia provvisorio e che gli obiettivi in materia di programmi e contenuti restino gli stessi per entrambi. A lungo però, penso che la separazione non sia augurabile, specialmente per le ragazze: non sarebbero abbastanza preparate per combattere in una realtà sociale che è mista».

Isabelle Cabat, professoressa: «Sì, penso che sia giunto il momento di riflettere sugli effetti della mixité. Ma si deve sapere che cosa vogliamo: gli insegnanti non sono messi in guardia contro i cliché che circolano ovunque. E la loro preparazione non li mette in grado di evitare questo tipo di discriminazione. Il ministero dell’Educazione non dà gli strumenti per realizzare una vera politica di uguaglianza dei sessi a scuola. C’è molto da fare. Non dimentichiamo che il voto universale in Francia è stato introdotto nel 1848, ma le donne votano soltanto dal 1945!»

André Blandin, segretario generale per l’insegnamento cattolico: «Quando degli adolescenti di 13 anni vengono condannati per un’aggressione sessuale, ci si deve chiedere se si è fatto davvero tutto per evitare questa cosa! Sono trent’anni che aspettiamo che la scuola dispensi una vera educazione sessuale, ma non la si vede».

Philippe Guittet, sindacalista: «La separazione rivela una politica della differenza, mentre noi abbiamo più che mai interesse a darci dei modelli comuni. Credo che corriamo un grosso rischio di regressione abolendo l’educazione mista. Senza calcolare che isolare le ragazze per proteggerle dalle aggressioni sessuali le renderebbe vittime permanenti. È in nome di questo principio che i fondamentalisti islamici chiedono alle ragazze di portare il velo a scuola. La soluzione di questo problema va trovata nella scuola».

«Dominique Schnapper, ricercatrice in scienze sociali: «Sono i capi d’istituto che dovrebbero poter prevedere dei tempi separati per ragazzi e ragazze, se essi giudicano utile questa disposizione. Tocca a loro prendere questa decisione e non al ministero dell’Educazione nazionale».

           

De: http://www.dimensioni.org/articolo1_dicembre03.html